Fu un olandese, Johan Steenbergen, figlio di grossisti di apparecchi fotografici a L’Aia, nato il 7 dicembre 1876 a Meppel, una cittadina del nord est dei Paesi Bassi, a dar vita, nel 1912, a Dresda, alla fabbrica che avrebbe prodotto, venti anni dopo la più rivoluzionaria fotocamera della prima metà del 900: la Exakta. Steenbergen aveva voluto la sua fabbrica nella città che ospitava già marchi famosi, come Ernemann, Ica, Zeiss, Welta, e nella quale non era difficile reperire, e assumere, tecnici di provata abilità. Chiamò la sua ditta Ihagee, abbreviazione dell’ufficiale “Industrie und Handels Gesellschaft m.b.h.” e stabilì la sede in Marcolinistrasse, al numero 8.
Le fotocamere della Ihagee si distinsero subito per la loro innovativa semplicità. Riscossero successo una serie di reflex di medio formato (dal 6,5×9 al 9×12) per la loro compattezza come le Klappenreflex, o, per la luminosità dell’obiettivo montato (f1,5 o f2), le Nacht, o le Parvola che si distinsero per il singolare sistema di messa a fuoco con doppio elicoidale sull’obiettivo che rendeva il soffietto antiquato.
Fu però nel 1933, alla Fiera di Lipsia, che la Ihagee presentò il modello che sarebbe diventato il precursore di tutte le moderne macchine fotografiche reflex: la Exakta, nome che denunciava la pretesa di non aver commesso errori di progettazione. Aveva un profilo diverso, a trapezio, rispetto alle tradizionali fotocamere reflex a forma di scatola. Era piccolo, compatto, ergonomico, prevedeva obiettivi intercambiabili e di grande luminosità e aveva l’otturatore sul piano focale. Tutte caratteristiche che diamo oggi per scontate, ma che più di 80 anni fa erano innovazioni sorprendenti. Quella prima Exakta montava film di formato 127. Solo nel 1936, l’anno dei Giochi Olimpici a Berlino per il quale si prevedeva un grande smercio di fotocamere, seguì una versione da 35 mm: la Kine Exakta. Divenne presto il pezzo forte di un sistema che faceva concorrenza alle maneggevoli fotocamere a telemetro Leica e Contax che avevano monopolizzato l’interesse dei fotogiornalisti dell’epoca. Aveva anche l’indiscutibile vantaggio di poter utilizzare obiettivi di lungo fuoco senza accessori aggiuntivi.
Gli apparecchi che compaiono in questo servizio sono una Kine Exacta versione 5, matricola 636770, del 1948 (con la C nel nome al posto della K, con questa sigla fu prevalentemente venduta sul mercato americano) sulla quale è montato un obiettivo Zeiss Tessar f 3,5 5cm; e una Exakta Varex IIa versione 3, matricola 863370, del 1958, con obiettivo Zeiss Tessar f 2,8 50mm.
I modelli e le versioni col profilo trapezioidale, prodotti fino al 1970, furono molti e con innumerevoli varianti. L’ultimo fu la VX 500. Poi iniziò la produzione della RTL 1000, marcata Pentacon, una “altra” macchina.
Nel 1952 alla sofisticata Exakta fu appaiata, nel sistema, una fotocamera più economica ma con prestazioni non troppo inferiori: la Exa. Era più piccola, aveva un otturatore a sole 5 velocità (tempo di scatto più veloce 1/150 invece dell’1/1000 della capofila), ma con tendine metalliche, un design ancora più accattivante della “madre” e un corpo che pesava solo 465 gr.
La Exa segnò un altro successo della ormai matura azienda (ricostruita dopo le incursioni aeree inglesi e americane del febbraio del 1945 che l’avevano rasa al suolo, come il resto della città). Aveva lo stesso passo della Exakta e quindi poteva montare tutti gli obiettivi con lo speciale attacco che avevano, e avrebbero, prodotto la Zeiss a Jena, la Meyer a Görlitz, la Schneider a Kreuznac, la Angenieux a Parigi e altre prestigiose aziende in Europa.
Le Exa fotografate qui in basso sono: una Versione 3 (matricola 262115 del 1956) col marchio Rheinmetall Sömmerda, fabbrica di meccaniche di precisione, cui la casa madre, oberata di richieste, affidò una produzione temporanea; e una Versione 4 (matricola 456655, del 1957). Dell’ultimo modello della Exa, la 1C, furono prodotti, dalla Pentacon, quasi 104mila esemplari. La produzione terminò nel 1987.