L’Italia, unificatasi nel 1861 dopo una lunga serie di guerre e di battaglie, si mise subito alla ricerca della propria identità nazionale. La costruzione di una memoria pubblica fu un aspetto decisivo di quella ricerca: si crearono eroi (Vittorio Emanuele II, Giuseppe Garibaldi), si costruirono simboli (monumenti ai caduti e agli eroi del Risorgimento), si coltivarono ricordi personali e di gruppo, legati a esperienze locali, a solidarietà ideali, a circostanze speciali. Nacquero associazioni di reduci, come la Società dei reduci delle patrie battaglie. Il XX settembre, giorno dell’ingresso delle truppe italiane a Porta Pia, è la festa nazionale celebrata accanto alla festa dello Statuto. I sovrani sono da sempre al centro della memoria pubblica, ma la loro presenza diviene quasi un culto specialmente dopo l’assassinio di Umberto I, avvenuto il 29 luglio 1900 a Monza. Nel 1903 viene celebrato il venticinquesimo anniversario della morte di Vittorio Emanuele II e il 9 gennaio ha luogo una grande manifestazione, un vero e proprio pellegrinaggio, a Roma. L’Altare della Patria non esiste ancora (sarà costruito nel 1911, in occasione del cinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia) e tutti i “pellegrini” si dirigono al Pantheon. Ci sono rappresentanti di amministrazioni provinciali e comunali, di associazioni civili e militari, di reduci delle patrie battaglie che vogliono “recare lauri e fiori alla tomba del padre della patria”, ma ci sono anche cortei di scuole, collegi, società di mutuo soccorso. In totale, qualche decina di migliaia di persone. Il Giornale d’Italia parlava di “una visione da cinematografo” e del corteo facevano parte bande militari e civili. Suonavano l’Inno di Garibaldi, l’Inno di Mameli e la Marcia Reale. E poi, dopo l’arrivo al Pantheon e la fine del pellegrinaggio, tutti vogliono una foto: gonfaloni, valletti, scolaresche, corone, reduci, gruppi di ufficiali in pensione. Si notano vecchie sciabole, gloriose uniformi e orgogliose barbe bianche.