Comiso, 20 luglio 1943. Sono passati dieci giorni dallo sbarco delle truppe americane sulla costa meridionale della Sicilia, e dovranno passarne poco più di quattro per l’arresto e la caduta di Mussolini.
La guerra è uno scenario spaventoso, documentato da milioni di foto riprese dai fotografi militari o dai fotogiornalisti al seguito dei grandi eserciti. Tanto ampio fu il teatro della Seconda guerra mondiale, quanto straordinaria la documentazione fotografica che rimane. Si pensi che solo nell’Armata rossa furono più di trecento i fotografi caduti al fronte. Il loro numero complessivo, fra fotografi militari e fotogiornalisti, è di migliaia.
Si tratta però di testimonianze complesse, ambigue: spesso le istantanee sono foto “costruite”, a metà fra la propaganda e la documentazione. Sono le immagini dei vincitori a fare il giro del mondo sulle prime pagine dei grandi settimanali illustrati: i marines che issano la bandiera americana a Iwo Jima (il fotografo era Joe Rosenthal), o il soldato sovietico che sventola la bandiera rossa con la falce e il martello sulla facciata del Reichstag in una Berlino fumante (foto di Yevgeny Khaldei) . Sono foto tragiche, scattate all’indomani di vittorie decisive, di avanzate sanguinose, di perdite immani. Come ci sono anche, frutto della meticolosità tedesca, le terribili immagini della “pulizia” del ghetto di Varsavia scattate da Jürgen Stroop.
Il panorama che appare nelle prime foto sulla campagna d’Italia è quello di una guerra meno sanguinosa. L’ Operazione Husky non trova, sulle sponde meridionali della Sicilia, la stessa resistenza che avrà, mesi dopo, lo sbarco in Normandia. È un’Italia primitiva e rurale quella documentata da Phil Stern, da Robert Capa, da Margaret Bourke-White: carretti trainati da asini, contadini che indicano la strada, città festanti all’arrivo degli alleati, tipi fisici dell’ ”italiano meridionale”, capelli neri e baffetti. Vista da sud, prima dell’8 settembre, l’Italia non conosce ancora i partigiani impiccati con il fil di ferro e le città distrutte. È un panorama, però, nel quale sono sempre presenti le spoglie del fascismo sconfitto: scheletri di navi affondate, carri armati capovolti, arroganti scritte sui muri.
Di questa foto sappiamo molto, se non tutto: il titolo (“Dai! Muoviti!”), la data (prima del 20 luglio 1943), il luogo (Comiso) e anche il nome del soldato ritratto. E sappiamo anche che la foto ha superato la censura di guerra. La didascalia sul retro dice: “Il soldato Francis H. O’Neil di Los Angeles (California) dirige il traffico in un incrocio di Comiso e sprona due nativi su un carretto tirato da un asino incitandoli a “darsi una mossa”. Si noti nello sfondo il carro armato ribaltato e, ironicamente, la parola Duce scritta sul muro proprio sopra il carro armato ribaltato”.
L’autore resta ignoto, fra i tanti che lavorarono per Acme Newspictures, una compagnia di fotogiornalismo acquisita da United Press nel 1952, i cui archivi sono ora proprietà di Corbis Images.