Quando John Thomson intraprese il suo primo viaggio verso l’Oriente estremo aveva 25 anni. Era l’aprile del 1862. John si lasciava alle spalle una schiera di fratelli e anni di studio da James Mackay Bryson, rinomato ottico e fabbricante di strumenti scientifici di Edimburgo. In quella città era nato proprio nell’anno dell’incoronazione di Vittoria, la regina che darà il suo nome ad un’epoca, e aveva frequentato la Watt Institution and School of Art per ottenere diplomi in Filosofia della Natura, Matematica e Chimica. A Singapore, meta del suo viaggio lo attendeva William, suo fratello maggiore, orologiaio e fotografo.
I due fratelli Thomson, associati, intrapresero un’attività per la manifattura di cronometri marini e strumenti scientifici per la navigazione e John aprì, a sua volta, uno studio di fotografo. Suoi clienti abituali erano i mercanti europei di passaggio, ma i suoi interessi lo portarono a viaggiare estensivamente per la penisola malese e l’isola di Sumatra. Fotografò panorami, villaggi e popolazioni indigene con la tecnica del collodio umido e con l’occhio attento e curioso dell’antropologo.
Nell’autunno del 1864 documentò i disastri causati da un ciclone nel sud dell’India e a Ceylon e l’anno dopo decise di stabilirsi in Siam. A Bangkok entrò nelle grazie della famiglia reale ed eseguì i ritratti del Re Mongkut e di molti importanti membri della corte e del governo.
Ispirato dai racconti di Henri Mouhot, che furono in seguito raccolti nel famoso libro Voyages dans les Royaumes de Siam, de Cambodge, de Laos edito da Hachette nel 1868, nel gennaio del 1866 Thomson allestì una spedizione per fotografare i templi cambogiani di Ankor. Passò nel sito archeologico un paio di settimane, produsse molte immagini e quindi, giunto nella capitale, Pnomh Penh, fotografò il re prima di recarsi a Saigon e di tornare a Bangkok. All’inizio dell’estate di quello stesso anno tornò in patria, dove fu accolto come membro della Royal Ethnological Society of London e della Royal Geographical Society.
L’anno seguente fu di nuovo a Singapore in luglio, si trasferì per qualche tempo a Saigon e prese, infine, casa a Hong Kong nel 1868. Per tre anni Thomson viaggiò nella Cina continentale, fotografando Canton, Pechino, Shanghai e la Grande Muraglia e la regione di Fukien, risalì il fiume Min e visitò Amoy e Swatow. Nell’aprile del 1871 sbarcò a Formosa nel porto di Takao, raggiunse la capitale Taiwanfu e realizzò molte fotografie nelle pianure centrali dell’isola. Affatto pago delle esperienze accumulate a Formosa, risalì per 3mila miglia lo Yangtze sino a raggiungere Hupeh e Szechuan. Non sappiamo molto delle attrezzature fotografiche che si portò dietro, ma per certo aveva nel suo corredo una macchina binoculare con la quale realizzò foto stereoscopiche che didascalizzava direttamente sulla lastra.
Per lui posarono principi e mandarini, ufficiali governativi e abati buddisti e il suo obiettivo non disdegnò di soffermarsi su contadini, mendicanti e umili marinai. Fotografò donne manchu dai piedi minuscoli, abbigliate di ricche vesti ricamate e splendidamente acconciate; matrone mongole adorne di gioielli di turchesi; monaci alle prese con le tavolette del majong; musicisti cantonesi in abiti di seta; fieri pescatori con i cormorani imbarcati su piroghe di bambù; soldati armati di soli bastoni e scene di strada con risultati, per l’epoca, fuori dall’ordinario. Si consideri, per comprendere le difficoltà risolte da Thomson in territori così primitivi e impervi, che le lastre di vetro da esporre alla luce, dovevano essere sensibilizzate pochi istanti prima di finire negli chassis delle macchine fotografiche e che l’esposizione non poteva essere inferiore a qualche secondo. Grande fu anche il suo gusto compositivo nel ritrarre architetture e paesaggi. Le proto fotografie di Ankor e quella della facciata di San Paolo a Macao mostrano una eccellente tecnica e padronanza del controllo delle prospettive.
Nel 1872 Thomson fece definitivamente ritorno a Londra. Se ne allontanerà solo nel 1878 per fotografare Cipro. Nella capitale dell’impero si dedicò alla divulgazione del suo lavoro in estremo Oriente con conferenze, articoli illustrati e pubblicazione di album e libri.
Col giornalista Adolphe Smith pubblicò, prima in dodici fascicoli e poi in un unico volume (con la tecnica di riproduzione nota come Woodburytype che dava, per l’epoca, eccellenti risultati tipografici) Street Life in London e si dedicò alla fotografia di documentazione sociale.
Tra il 1877 e il ’78 pubblicò Illustrations of China and its people, un’opera dedicata soprattutto agli aspetti sociali del grande Paese, commentando ogni singola illustrazione, metodo che divenne comune solo qualche anno più tardi sulle riviste illustrate che segnarono gli esordi del fotogiornalismo. Fu chiamato a far parte della Royal Photographic Society e aprì uno studio, nel 1879, a Buckingham Palace Road. Solo due anni dopo potè fregiarsi del titolo di fotografo della famiglia reale e iniziò la sua lunga carriera di ritrattista della buona società. Dal 1886 si dedicò anche all’insegnamento della fotografia di viaggio agli inviati della Royal Geographical Society.
Nel 1910, a 73 anni, decise di ritirarsi dall’attività commerciale e di stabilirsi nella sua città natale da dove continuò a scrivere manuali di fotografia, fino a quando, nel 1921, fu stroncato da un infarto cardiaco.
Quello stesso anno Henry Wellcome, magnate inglese e collezionista di documenti di Storia della Medicina in senso lato, acquisì la collezione di Thomson di 600 lastre. Oggi sono conservate nella Wellcome Library in Euston Road a Londra tra i due milioni e mezzo di documenti e oggetti a disposizione degli studiosi e dei ricercatori.